Mary Quant, icona di una generazione liberata con il fiuto per il marketing
Se ne va una leggenda autentica, guidata dall’ottimismo dell’immaginare il domani senza nostalgie e senza barriere, per tutti
Pochi fenomeni hanno rappresentato il mutare radicale e inarrestabile dei costumi come l’esplosione londinese della youthquake negli anni Sessanta – la ribattezzò così Diana Vreeland, elettrizzata da tutto quel che di innovativo accadeva nella Swinging London. Fu in quel quel momento che il pendolo si spostò, e i giovani presero a catalizzare le attenzioni e a rivendicare il posto da protagonisti, rappresentando quel che di progressivo accadeva nella società.
Erano giovani che non si pensavano più come adulti in miniatura, che non si volevano vestire come i genitori, che non appartenevano necessariamente alle alte sfere della scala sociale. Anzi, erano orgogliosamente working class, e potevano godere di una libertà in tempo inaudita: la pillola diede a tutti altri modi e altre priorità.
A questa generazione liberata, Mary Quant, che si è spenta oggi all’età di 93 anni, ha dato prima le minigonne, poi gli hot pants, sempre i colori sgargianti. Non fu certo lei ad inventare le gonne microscopiche – in molti, a Parigi come a Londra o a Los Angeles, puntavano lì – ma fu certo lei a chiamarle mini, come le auto, e a realizzarle in materiali sintetici e pratici che le rendevano anche parecchio accessibili – non c’è vera rivoluzione se i vestiti se li possono permettere solo i facoltosi.
Aveva un grande fiuto per gli affari, per quello che oggi si chiamerebbe marketing ma che nel suo caso era una forma di creatività comunicativa. Da quello che era un piccolo negozio a Chelsea, Bazaar, costruì un impero forte di numerose licenze – una di cosmetici, seminale, è ancora attiva. Con Mary Quant, e il mucchio selvaggio che ha creato il mito di Londra crogiolo di innovazione inarrestabile, nel quale vanno inclusi Ossie Clark, Mick Jagger e i Rolling Stones, Mr Fish, Barbara Hulanicki e le imprescindibili Twiggy e Jane Shrimpton, senza contare David Bailey, se ne va una leggenda autentica, guidata dall’ottimismo dell’immaginare il domani senza nostalgie e senza barriere, per tutti.
Sapeva fare affari, di certo, ma con l’ingenuità elettrizzante di un momento che davvero, oramai, è storia, perché il progresso è inarrestabile, nel bene come nel male.